Magazzino 18

Magazzino 18  

Simone Cristicchi  

Montagne di sedie aggrovigliate come ragni di legno. Legioni di armadi desolatamente vuoti. Letti di sogni infranti. E poi lettere, fotografie, pagelle, diari, reti da pesca, pianoforti muti, martelli ammucchiati su scaffalature imbarcate dall’umidità. Questi e innumerevoli altri oggetti d’uso quotidiano riposano nel Magazzino 18 del Porto Vecchio di Trieste. Oltre sessant’anni fa tutte queste masserizie furono consegnate al Servizio Esodo dai legittimi proprietari, gli italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia, un attimo prima di trasformarsi in esuli: circa trecentocinquantamila persone costrette a evacuare le loro case e abbandonare un’intera regione in seguito al Trattato di pace del 10 febbraio 1947, che consegnò alla Jugoslavia di Tito quel pezzo d’Italia da sempre conteso che abbraccia il mare da Capodistria a Pola. Di questa immensa tragedia quasi nessuno sa nulla. Delle foibe, delle esecuzioni sommarie che non risparmiarono donne, bambini e sacerdoti, della vita nei campi profughi e del dolore profondissimo per lo sradicamento e la cancellazione della propria identità pochissimi hanno trovato il coraggio di parlare nei decenni che seguirono. Eppure è storia recente, a portata di mano e soprattutto abbondantemente documentata: basta aprire le porte del Magazzino 18. Porte che Simone Cristicchi ha spalancato. Togliendo la polvere dagli oggetti, il «cantattore» romano ha ritrovato le storie più commoventi e significative e le ha «rimesse a nuovo» per poi raccoglierle qui: Norma, figlia di un fascista, violentata e poi scaraventata in una foiba con i seni pugnalati; Mafalda, caricata con altre centinaia di prigionieri su una nave lanciata verso mine galleggianti; Marinella, la bambina di appena un anno morta di freddo in un campo profughi vicino Trieste; Geppino Micheletti, medico che prestò soccorso ai sopravvissuti della strage di Vergarolla nella quale aveva appena perso i suoi due figli; l’insegnante che decise di vivere in Jugoslavia per costruire la Rivoluzione e finì «rieducato» nel lager comunista di Goli Otok e tanti altri. In questo libro di forte valore civile, Cristicchi ha il doppio merito di coinvolgerci in un vortice di emozioni e di «riattaccare» ai libri di storia queste pagine colpevolmente strappate o omesse. Pagine che invece vanno lette e tenute a mente perché contengono la storia di chi fu italiano due volte, come scrisse Indro Montanelli, «la prima per nascita, la seconda per scelta».

    

 

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